Pesame mucho
Pesame mucho

Pesame mucho

Pesame mucho

Non sono una accumulatrice seriale, ma ad alcune cose del mio passato sono affezionata assai.

Tra queste qualche rivista dei primi anni 90, che ogni tanto sfoglio perché con affetto guardo pettinature e vestiti che ho molto amato e che mi fanno sentire di nuovo il profumo della giovinezza.

Mentre ammiro una giovane bellezza in short e camicia bianca mi cade l’occhio sul video musicale che gira in sottofondo sul pc.

Anche la mia magrissima modella guarda sbacalita la ballerina che definirei con un eufemismo in carne.

Mettendole tutte e due su una bilancia e facendo il classico peso medio, ne uscirebbe una Hillinger precisa, salvo che per la statura.

Le due si affrontano davanti a me.

“Grassona” –  sbotta con nemmeno un grammo di pudore l’una.

“Ma come ti permetti? Il mio corpo è bello così, ma da dove vieni?”  – replica l’altra.

A seguire le due si azzuffano con poca grazia e molta acredine costringendomi a spegnere il video e a chiudere la rivista.

Però, rifletto, hanno soggettivamente ragione e oggettivamente torto entrambe.

E io, da dove vengo? Vado in crisi perché la domanda è legittima e le due ragazze so che stanno premendo per uscire e incatenarmi alla scrivania fin che non rispondo.

Anfibi, pantaloni cargo, zainetto e filo via a fare un giro esplorativo dagli amici, tanto oggi lavorare non è cosa.

Decido di passare da Aaron, sua moglie durante il pomeriggio trasforma il pub in una sala da thè ove si raduna una compagine eterogenea di signore locali. Mi affaccio, con nonchalance giro attorno al bancone arrampicandomi su uno sgabello. Dall’alto del mio trespolo osservo senza parere il gruppo di bevitrici di tè che ancora non mi ha notata.

“Hilly vuoi una fetta di torta?” – mi sussurra all’orecchio Patty.

“No grazie, lo sai che non mangio dolci al pomeriggio” – rispondo in automatico.

La grassona, che è tornata a ballare sul monitor del pub mi guarda storto, ma che ci posso fare, io e la bilancia non siamo mica amiche, che ci guardiamo strizzandoci l’occhio qualsiasi numero esca.

Patty invece come sempre completamente a proprio agio nei propri panni, si versa lo zucchero nel caffè e inizia a girare pigramente il cucchiaino.

“Dai Hilly, assaggiala, mica muori per una volta” – riprova con buona grazia.

Inizio a sentire fastidio, odio giustificarmi, ma come si permette? Dato che sono buona solo per modo di dire, combatto qualche minuto con la tentazione di renderle pan per focaccia facendo la classica domanda che ha rovinato più di una amicizia: “Come va la dieta?”.

A seguire le cose accadono molto in fretta: entra nel pub Jack, io mi imbarazzo a morte perché ho un debole per lui da anni e nel goffo tentativo di dematerializzarmi affondo il naso nella tazza di cioccolata con la panna che Patty sorniona mi ha allungato con tempismo perfetto.

Come è buona! Con gli occhi lucidi, arraffo anche la fetta di torta e il risultato è che quando Jack si avvicina per salutarmi ho il naso lucido e la bocca sporca di briciole.

La grassona esulta, Patty sogghigna, io mi incazzo come una biscia ed esco.

Tornata a casa libero la modella stecca dalla rivista perché sono troppo agitata per stare da sola.

“Allora, hai scoperto da dove vieni?” – mi chiede la spilungona.

“Ma certo, da dove veniamo tutti” – sussurro pensando alla panna e alla bilancia in egual misura.

“Si vabbè che risposta è?” – mi incalza, e intanto riaccende il monitor, in modo tale che l’altra metà del mio tribunale possa sedersi comoda in poltrona. Ormai sono alleate e io mi sento nuda in platea.

“Va bene lo ammetto, vengo dalla bilancia, esattamente come voi due” – contrattacco.

È proprio vero, sono figlia della bilancia, con cui ho un rapporto di filiale devozione e di periodico omaggio.

Controllare il numero degli etti che mi porto a spasso mi dà un’idea di controllo che rimette a posto il caos della giornata.

Io e la secca ci guardiamo dritte negli occhi, riconoscendoci, al netto che lei è una figona e io di figo ho solo gli anfibi.

La dea in carne, perché sì, ovviamente è bellissima anche lei, fa finta di niente ma l’ho vista che quando ho citato l’innominabile ha sussultato.

Allora anche lei è come me, veniamo tutte dalle stesse paure, dagli stessi particolari messi sul trono dell’assoluto, dalle stesse pressioni di chi ci sta attorno, solo a poli opposti.

Spinte dal medesimo impulso ci alziamo tutte e tre insieme e a ranghi compatti corriamo in bagno.

Eccola lì, è proprio lei, ignara e inanimata, ordinatamente riposta sotto il lavandino.

Una volontà sconosciuta ci anima et voilà, la finestra è aperta e l’oggetto dello scandalo rotola in giardino.

Alzo gli occhi e mi vedo riflessa nello specchio: sono sola, delle mie compagne non c’è traccia, ma cosa ho fatto?

Buttare via il peso delle mie incertezze non mi ha tolto un etto delle ansie che mi accompagnano, in compenso rivedo il sorriso di Patty e capisco che l’affetto è qualcosa che bussa delicato alle fragili porte dell’anima e risento il sapore dolce della cioccolata e della panna.

Pesame mucho, ma non oggi, che ho di meglio da fare.

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