La partenza
La partenza

La partenza

È una bellissima mattina di gennaio e io sono felice.
Ebbene si, davanti al mio amato cappuccino e croissant si apre un mondo di possibilità, tutte positive, e tutte finalizzate a incontrare Jack che so per certo transiterà di lì a poco davanti al bar in cui staziono ormai da una buona mezz’ora.
Per realizzare questo mio mondo ideale, basilare è sedersi in posizione strategica proprio vicino alla vetrina, abbastanza avanti per sorvegliare sia il marciapiede vicino che quello opposto e sufficientemente defilata per non sembrare un pappagallo impagliato che fissa il nulla.
Mi sono vestita con cura, persino truccata, e siedo composta e concentrata.
Aspetto questo momento da una settimana, per la precisione da lunedì sera quando nel pub di Aaron ho sentito Jack dire:
“Venerdì mattina passo da Matt a ritirare un pacco, Patty vuoi che ti faccia qualche commissione?”
Al che si era aperto nella mia mente un mondo di possibilità: lo incontro da Matt, no lo incrocio prima a caso, no lo fermo con una scusa, inciampo sui suoi piedi e mi salva, insomma tutto meno che la soluzione più semplice, tipo salutarlo e via.

Adesso ho dritto davanti a me, oltre la via, proprio la libreria di Matt con il proprietario seduto su un alto sgabello posizionato dietro la cassa.
Un movimento delle mani attira la mia attenzione: lo vedo che gesticola nel vuoto, scende dallo sgabello, gira attorno al bancone e si mette a girovagare per il negozio, preda di un’ansia palpabile anche dalla mia distanza.
Una piccola parte della mia attenzione svicola da Jack e si siede accanto a me addentando il cornetto e cercando di capire cosa succede.
In effetti l’insieme è quantomeno strano: Matt è un omone alto e panciuto e vederlo quasi saltellare avanti e indietro, barba e capelli bianchi compresi, improvvisamente mi allarma.

Forse sta male, meglio andare a controllare, e poi chiamerò quella santa donna di sua moglie Kally per informarla.

Attraverso la strada, ormai immemore delle mie pene amorose, ed entro in libreria.
È doveroso precisare che quello di Matt è molto ma molto più di un semplice negozio: noi di Hunsen lo chiamiamo con affetto “l’angolo”. Tutti a turno ci abbiamo passato i pomeriggi, leggendo appallottolati sulle vecchie poltrone sparse qua e là, sotto lo sguardo compiaciuto e tollerante del proprietario.
Grazie a lui ho scoperto il piacere di scrivere, su piccoli fogli a quadretti che gli lasciavo ben piegati in quattro sotto la cassa; li ritrovavo la settimana dopo, sempre nello stesso posto, fitti di correzioni che avevano il sapore di incoraggiamenti più che di raccolta di errori.

“Matt tutto bene?” sussurro.
“Certo”
“Tre, solo tre” continua lui a bassa voce, continuando a girovagare.
Lo seguo con gli occhi, e mi accorgo che anche i due bastardini ormai vecchi, acciambellati sullo strapuntino sotto il bancone lo seguono muovendo la testa quasi in sincrono.

“Ma cosa, cosa …” E il resto della frase si perde in un mormorio incomprensibile.
Lo tampino stretto per cercare di comprendere a cosa diavolo si riferisca, e mentre inizio a pensare che stia perdendo il bene della ragione lo sguardo mi cade su un foglio scritto a mano.

È la scrittura di Kally, e finalmente capisco.
Certo che poteva anche dirmelo che partiva per il mare.
Il foglio non lascia dubbi: un ordinato e minuto elenco di cose da fare prima di andare via.
Tipo comprare le crocche per i quadrupedi, andare dal barbiere, ritirare la posta, insomma l’insieme di una vita quotidiana da impacchettare prima di sparire per qualche settimana, che la Kally patisce l’erba di Gül che qui fiorisce prorompente e coloratissima in gennaio attirando frotte di turisti.
Matt da anni affitta la casa alle orde di improvvisati fotografi ed emigra con moglie e cani lontano dalle insidie dei pollini.

Dell’elenco Matt non ha spuntato nemmeno una voce, solo, in un angolo, ha iniziato a scrivere titoli di libri. Sono senza occhiali per cui strabuzzo gli occhi per decifrare il corposo elenco.
In sottofondo la litania continua: “tre, solo tre”.
Ma non è possibile... ho capito!
Kally da brava programmatrice ha quantificato esattamente quanto portare via di tutto. Quante lenzuola, asciugamani, crocche, latte di pomodoro, kg di pasta e ovviamente, libri.
Tre, uno a settimana.
A Matt questo deve essere apparso un numero ridicolo e irrisorio, come se dicessero a un bimbo di prendere tre, solo tre, granellini di sabbia. Non uno di più che nel secchiello non ci sta.
Ma a cosa servono le mutande e le calze, senza i libri? Il significato delle cose è ovviamente oltre le cose stesse e spesso si rintana tra le righe stampate e i caratteri intrisi di inchiostro.

Nel tentativo di fare contenta la moglie, Matt ha intrapreso un’impresa impossibile: scegliere i titoli che gli terranno compagnia nelle prossime settimane riducendo al silenzio il resto della libreria. E contemporaneamente è andato in corto circuito. Un tilt tanto potente che lo sta facendo apparire un vecchio stolto che gira in tondo su una piastrella.

“Hilly non ce la faccio, scegli tu” si arrende stremato.
“Ah no, io non ti levo le castagne dal fuoco, arrangiati. Lo saprai bene tu a cosa tieni di più “rispondo serafica.

Matt si ferma e mi guarda storto.
Un pochino lo capisco, leggere è un’avventura che non si può comprimere a comando.
Decido di dargli una mano, non a gratis, ovviamente, ma quasi.

“Se mi prometti di aiutarmi a conoscere Jack quando torni dal mare, io ogni settimana ti scriverò un racconto”.
Matt ovviamente, da persona di relazione qual è, non capisce dove stia tutta sta difficoltà a parlare con uno che incrocio ogni giorno o quasi, continua a guardarmi di traverso ma annuisce.
Il quantum di carta che avrà a disposizione aumenta e tanto basta a placargli l’ansia.

Ci salutiamo e mi sento un’idiota.
Non ho incrociato Jack e adesso devo pure scrivere un racconto ogni settimana, ma cosa mi è preso?

“Tre solo tre” mormoro mentre cammino a testa bassa, fendendo gli sguardi perplessi dei passanti.

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