A little further, is better
A little further, is better

A little further, is better

Sono una persona fortunata, e lo so.
Sicuramente è il posto che abito, che attrae singolarità e mi permette di incrociare creature migliori di me anche se ugualmente fragili.
Ve lo racconto perché l’incontro della scorsa settimana, in libreria da Matt, è stato straordinario e commovente insieme: mentre ero lì a scavare nella manualistica, che è sempre fonte di pacificazione per me, sento tintinnare il campanello dell’ingresso.
Non ci faccio caso, e non me ne importa nulla- a dirla tutta - di chi sia entrato perché si è liberata una delle comode poltrone del negozio e mi ci installo soddisfatta, tanto lo so che Matt non mi caccerà via e anzi più tardi ci prenderemo un tè insieme.
La creatura, perché sì è femmina, si rivolge a Matt e l’aria diventa improvvisamente più densa: è una cosa strana, tutto sembra più vivo, più colorato, più dinamico e persino io, che condivido con gli orsi tutto tranne la mole devo alzare gli occhi dalle pagine del mio libro.
- Caro Matt come stai? ti è arrivato il mio ordine?
Matt sospira, si china con qualche fatica sotto il bancone e inizia a cercare, mentre io fisso il retro della cliente avvolta in un lungo trench, scarpe basse e borsa di lustrini.
Devo avere lo sguardo laser, o semplicemente maleducato perché la lei si gira, mi sorride e attacca bottone.
Ma perché? Stavo così bene nella mia confortevole pelliccia e in automatico tiro fuori le unghie, senza peraltro sortire nessun effetto perché lei si avvicina fino a sbirciare da sopra le mie pelose spalle cosa sto leggendo.
- Bello! anche io quando voglio staccare leggo i manuali, quelli di cucina però.
Matt è ancora sepolto sotto il bancone e a me tocca di essere gentile, ma sarà solo per un minutino mi dico, alla fine se ne andrà e io sarò salva e orsa per sempre.
Poi sento la mia voce che - maledetta - non è da orso e flauta: - Ciao sono Hilly, accomodati, si è liberato un altro posto.
- Grazie - risponde l’indefinita, senza presentarsi.
Iniziamo a parlare del più e del meno, e inizio ad avere caldo, sto cappottone da orso mi fa sudare come una maledetta, perché non posso portare anche io un trench leggero come lei?
Una parola tira l’altra e si arriva a parlare di uomini, ed io che ormai altro che orso, mi sento in mutande, le racconto delle mie vicissitudini amorose, o meglio non amorose per niente, se no non starei al pomeriggio a leggere manuali di informatica, vi pare?
Lei mi ascolta e la vedo tremare indecisa sul ciglio di una confidenza, che però le costa non so se autostima o dolore vivo e quindi resta nell’ombra.
Passa il tempo e il pomeriggio inizia a imbrunire, si è unito a noi Matt con una teiera, dei biscotti e la voglia di partecipare alla chiacchiera, che ormai ha come unico oggetto le relazioni con l’altro sesso.
Dalla borsetta di lustrini la proprietaria ha estratto un pacchetto di fazzoletti e con discrezione ne ciancischia uno, piano piano, mentre inizia a raccontare la sua esperienza.
- Ho incontrato un uomo, mesi fa – inizia senza sbilanciarsi – libero, come me, e come me amante dei viaggi e delle due ruote.
Io Matt ci mangeremmo le unghie dalla curiosità, se non fosse poco educato, e nell’attesa ci accontentiamo di girare i cucchiaini nel tè ormai freddo, sembriamo due deficienti.
- Abbiamo iniziato ad uscire insieme, andava tutto bene.
Guardo sottecchi Matt, e vabbè, tutto qui? Anche Matt è un attimo perplesso ma è un uomo saggio e sa che per far emergere il dolore a volte ci va tempo.
- Poi lui è tornato a casa.
- A casa dove? - oh non ce la facevo più ad aspettare e così allungo il collo e chiedo.
- A casa dalla sua ex moglie che però resta ex.
Faccio fatica a capire, in che senso?
Lei ci guarda e lo sguardo diventa lontano mentre racconta: lui è separato da mille anni, la moglie è rimasta sotto il tetto coniugale e fin qui, niente di nuovo.
Ma anche qui a Hunsen esistono le manipolatrici e la mogliex è una di loro, così negli anni se lo è curato lavorando di scalpello nelle crepe dei limiti del malcapitato tessendo piano piano un bel guinzaglio che alla fine, intuito che forse lui aveva alternative migliori, ha tirato con forza e scuse assortite.
Et voilà, lui a casa dall’arpia e la signora in trench in libreria a cercare conforto nella carta stampata.
Ma.
In tutte le vicende di noi umani ci sono sempre uno o più ma, che incasinano gli scenari e rendono le pianure dell’esistenza dei campi di battaglia coperti di feriti.
Primo ma: la libertà di scelta dove la mettiamo?
Secondo ma: mollalo cara, perché occupi ancora della ram con il pensiero di sto impunito?
Evidentemente non è tutto così semplice e in libreria scende un silenzio quieto mentre noi tre pensiamo ciascuno alle ferite del passato e a quanti cerotti abbiamo dovuto acquistare per lenirle.
La tipa è intelligente, in gamba, bella e piena di energia e ci guardiamo con gli occhi lucidi perché non basta mica volere e tutto si aggiusta.
Cara sconosciuta amica, come ti capisco. E mi permetto di dirti un paio di cose: prendi distanza, fisica.
Fai un passo indietro, poi due e poi tre, e poi compra dei mattoni e costruisci un bel muretto, mettici in cima delle bottiglie rotte, e un bell’impianto antifurto. Sono soldi ed energie ben spese.
Anzi, sai che c’è, ti regalo la mia pelliccia da orso e non c’è di che.

Perché per la distanza emotiva ci va distanza fisica, tanti improperi, molta pazienza e uno sguardo che perdoni la propria poca saggezza.
Se sei sabauska come me, meglio, ti resterà più facile: a little further is better.

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